La Corte d’Appello ha respinto l’appello dell’Azienda Ospedaliera e ha reso definitiva la condanna già stabilita dal Tribunale di Palermo. La sentenza riconosce che il mancato accesso all’informazione ha privato Canino e i suoi familiari della possibilità di scegliere consapevolmente come affrontare l’ultima fase della malattia. L’Azienda Ospedaliera “Villa Sofia – Cervello” di Palermo è stata condannata per il ritardo diagnostico colposo e, in particolare, per aver negato a Giuseppe Canino la verità sulla sua malattia. Il signor Canino, ex operaio Fincantieri deceduto nel giugno 2015 a causa di un mesotelioma sarcomatoso contratto per l’esposizione all’amianto (caso per cui Fincantieri era già stata condannata), fu ricoverato nel gennaio 2015. Nonostante il referto istologico avesse confermato la grave diagnosi, questa non gli fu mai comunicata in tempo utile. La Corte d’Appello di Palermo ha emesso una sentenza storica che riafferma con forza la centralità del paziente e il suo diritto alla dignità fino all’ultimo istante di vita. I giudici hanno riconosciuto un risarcimento di € 30.000 in favore della famiglia Canino (Dorotea Gambino, Luigi e Carmela Canino) per la lesione del diritto fondamentale all’autodeterminazione personale. L’Azienda è stata inoltre condannata a rifondere agli eredi le spese legali pari a € 6.734,00. L’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) che assiste la famiglia, ha dichiarato che “questa sentenza non è solo un pronunciamento legale, ma un messaggio di civiltà: il diritto a sapere è parte del diritto a vivere con dignità, fino all’ultimo istante. Nel caso di Giuseppe, non solo la diagnosi è arrivata in ritardo, ma al paziente è stato negato il diritto di sapere. È una ferita profonda alla dignità umana. La Corte di Palermo ha ricordato che il dovere di informare non è una formalità, ma un atto di rispetto verso la persona, verso la sua libertà di scegliere, e verso la vita stessa.”
AMIANTO - CONDANNATA “VILLA SOFIA” PER RITARDO DIAGNOSI
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