in occasione della Giornata Europea per la Parità Retributiva (15 novembre), la CGIL di Ragusa lancia l’allarme sul divario retributivo di genere, evidenziando come la provincia iblea sia colpita da una doppia ingiustizia: di territorio e di genere. Secondo i dati INPS 2023 citati dal sindacato, lo scenario a Ragusa è peggiore della media nazionale. Su 123.848 persone attive, le donne rappresentano solo il 39% della forza lavoro. Ma il dato più eloquente riguarda la retribuzione giornaliera: una lavoratrice ragusana guadagna circa 54 euro al giorno, contro i 75,3 euro percepiti da un lavoratore della stessa provincia. Questo divario è più marcato rispetto alla media italiana (77,6 euro per le donne contro 104,4 euro per gli uomini). Giuseppe Roccuzzo, segretario generale CGIL Ragusa, sottolinea che il divario «non è un dato statistico neutro, è il segno di un modello economico e sociale che continua a considerare il lavoro femminile come ‘accessorio’». A Ragusa, dove le retribuzioni sono già più basse che nel resto del Paese, questo si traduce in un vero e proprio doppio sfruttamento. Tiziana Celiberti, segretaria confederale CGIL Ragusa, definisce questa realtà una “verità semplice e durissima”: «Le donne ragusane lavorano di più, guadagnano di meno e, in aggiunta, devono farsi carico del lavoro di cura che supplisce alle carenze dei servizi socio-sanitari». La situazione è aggravata da una maggiore incidenza di contratti precari, part-time spesso involontari e ostacoli alla progressione di carriera.
La CGIL chiede quindi interventi immediati:
Contrattazione che valorizzi il lavoro femminile.
Politiche attive per l’occupazione femminile stabile e qualificata.
Potenziamento urgente di asili nido, servizi educativi e di assistenza per sollevare le donne dal solo onere del lavoro di cura.
L’obiettivo è garantire che le donne non siano più costrette a scegliere tra reddito e cura, tra lavoro e dignità, ribadendo che la parità salariale è una “questione di democrazia, crescita e futuro del nostro territorio.”