PIANA DI GELA - SICCITA’, “INERZIA POLITICA E TECNICA”

di Viviana Sammito
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Mentre la Sicilia orientale tenta di risollevarsi dopo le recenti piogge, nella Piana di Gela si consuma un paradosso idrico che ha il sapore della beffa. Le piogge degli ultimi mesi, fondamentali per dare respiro ai terreni, non si stanno trasformando in riserva per il futuro: i tre principali bacini della zona — Comunelli, Disueri e Cimia — sono virtualmente vuoti o impossibilitati a trattenere l’acqua, che viene sistematicamente sversata in mare. I dati dell’Autorità di Bacino del distretto idrogeografico Sicilia fotografano una realtà drammatica. La capacità di stoccaggio è ridotta ai minimi termini da decenni di incuria: Su una capacità teorica di 8 milioni di metri cubi (Mmc), ne ospita appena 0,10. Il motivo? È quasi interamente occupata dal fango. Diga Disueri: Ferma a 0,04 Mmc su una portata di oltre 23 milioni. Qui il problema è strutturale: un cedimento della “spalla” dell’invaso impedisce l’accumulo. Diga Cimia: È l’unica che respira leggermente con 1,76 Mmc, ma resta ben lontana dai 10 milioni potenziali a causa di un sistema di interconnessione inefficiente che non permette di convogliare l’acqua piovana. “L’acqua che dalle dighe finisce in mare è un atto criminale, da chiunque venga autorizzato”, attacca duramente Piero Lo Nigro, presidente dell’Ordine provinciale degli agronomi. Secondo Lo Nigro, il territorio sconta 22 anni di immobilismo. Nonostante i fondi del PNRR, la progettazione sembra segnare il passo e le manutenzioni ordinarie non bastano più a tamponare falle strutturali e condotte vetuste che disperdono il poco liquido disponibile prima che raggiunga i campi. Dello stesso avviso è Vincenzo Giudice, operatore del settore agricolo, che sottolinea una sproporzione economica inquietante: “Sono stati trovati 130 milioni di euro in pochi mesi per i dissalatori, che servono l’uso civile. Ma questi impianti producono in un anno una quantità d’acqua che la diga Disueri sversa in mare in poco più di un minuto durante le piene”. L’assessore all’agricoltura di Gela, Filippo Franzone, ribadisce che la progettazione è l’unica via d’uscita, ma i tempi della burocrazia non coincidono con quelli della semina e dei raccolti. Per gennaio è previsto un tavolo tecnico-politico per individuare soluzioni alternative e non si esclude il ricorso alle procedure di Protezione Civile per scavalcare l’impasse amministrativa. Senza interventi radicali sulle condotte e sulla pulizia dei fondali, la Piana di Gela rischia di restare un deserto circondato da infrastrutture che servono solo a guardare l’acqua scorrere verso il mare.

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