CATANIA - CAMERA PENALE, SENTENZA PROF: “VA RISPETTATA”

di Sarah Donzuso
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Se una sentenza non si condivide o non la si accetta va impugnata così come pare intenda fare la Procura della Repubblica. Ma il giudice, in questo caso il Tribunale, non può subire minacce di ispezioni, riprovazioni, sollevazioni popolari, sol perché ha reputato che il materiale probatorio acquisito non consentisse una condanna alla stregua del canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio.

È quanto afferma il presidente della camera penale di Catania, l’avvocato Francesco Antille intervenendo sulla polemica che in questi giorni infuria a proposito della decisione della quarta sezione del tribunale di Catania, collegio composto da due donne e un uomo, che ha assolto un professore di Medicina dell’Università di Catania, Santo Torrisi, 67 anni, oggi in pensione, dall’accusa di violenze sessuali e molestie verbali.
I fatti che gli erano stati contestati risalgono al periodo che va dal 2010 al 2014 quando 7 studentesse denunciarono il professore.

La sentenza risale al 25 febbraio ma le motivazioni sono state rese note in questi giorni, motivazioni che stanno creando polemiche, tant’è che ad esempio la senatrice Dafne Musolino ha chiesto al ministro Nordio di inviare gli ispettori al tribunale di Catania.

I penalisti della camera penale Serafino Famà ricordano che da diversi anni si battono energicamente per il rispetto della libertà e l’autonomia del Giudice, quale terzo ed imparziale titolare della potestà decisoria.

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Abbiamo raggiunto telefonicamente l’avvocato Trombetta che difende, insieme all’avvocato Isabella Giuffrida, il professore Torrisi: Trombetta evidenzia che alcune dichiarazioni delle vittime rilasciate in questi giorni a mezzo stampa dissacrano la realtà processuale come tra l’altro si può evincere dagli atti messi a verbale. Lo stesso Trombetta evidenzia come siano state prelevate poche frasi che hanno creato il clamore su una sentenza di oltre 90 pagine. “Noi legali – ha aggiunto Trombetta – riteniamo che i processi e le eventuali critiche vanno fatti nelle sedi giudiziarie opportune secondo la corretta dialettica processuale e non sui social”

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