Matteo Salvini rischia fino a quindici anni di carcere. “Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato” ha commentato sui social il vice premier, assente in aula, imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito lo sbarco, cinque anni fa quando era ministro dell’interno con il governo Conte, di 147 migranti che erano stati soccorsi dalla ong Open Arms e che lasciarono l’imbarcazione solo dopo l’interno della Procura di Agrigento. Oggi è il giorno della requisitoria e delle richieste della pubblica accusa nel processo che si celebra nell’aula bunker di Palermo. L’accusa – la procuratrice aggiunta Marzia Sabella e i sostituti Geri Ferrara e Giorgia Righi – ha ricostruito il quadro giuridico nazionale e sovranazionale di quella fase, poi si è addentrato sugli aspetti della specifica vicenda dell’Open Arms. Si parte dall’elemento chiave: Quando Salvini – ha ripecorso il pm ferrara- diventa ministro dell’Interno le decisioni sulla gestione degli sbarchi e del rilascio dei pos vengono spostate dal Dipartimento libertà civili e immigrazione all’ufficio di gabinetto del ministro e in particolare è il ministro a decidere. ma “C’è un principio chiave non discutibile: tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato sono i diritti umani – ha ripetuto il magistrato – che nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, devono prevalere”. “Tutti i funzionari, tutti i ministri, tutti i testimoni che abbiamo sentito in questo processo hanno detto di non sapere se a bordo della Open Arms ci fossero stati terroristi, armi, materiale propagandistico. Anche i riferimenti ai tentativi di ridistribuzione dei migranti prima del rilascio del pos non può funzionare: non ci può essere subordinazione del rispetto diritti umani e alla ridistribuzione dei migranti. Prima si fanno scendere i migranti e poi si ridistribuiscono: altrimenti si rischia di fare politica su gente che sta soffrendo”. Così il sostituto procuratore Geri Ferrara.
È una requisitoria un po’ contraddittoria – ha commentat lì’avvocata della difesa, giulia bongiorno, riferendo che Non ce una condotta Salvini sul banco degli imputati ma una linea politica sul banco degli imputati”
“Questo è un processo politico? E’ pacifico – ha sospetnuto il pm ferrara- che qui di atto politico non c’è nulla. Sono stati compiuti atti amministrativi, il rilascio di un pos è un atto amministrativo, gli atti politici sono caratterizzati da requisiti ben precisi”. La Libia e la Tunisia non sono Paesi in cui si può applicare un pos. Lo ha detto anche l’attuale ministro degli Interni Matteo Piantedosi – ha ricordato il magistraro ferarra – che nella sua testimonianza ha riferito che ‘i centri in Libia sono sicuramente centri illegali, mai abbiamo consegnato delle persone ai libici'”. Così il sostituto procuratore Geri Ferrara durante la requisitoria, a Palermo, al processo Open Arms.
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