A Caltanissetta si torna in aula per il processo d’appello sul depistaggio sulle indagini sulla strage di via D’Amelio. Alla sbarra ci sono i poliziotti Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di concorso in calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra. In primo grado era caduta l’aggravante mafiosa per due dei tre poliziotti imputati del processo. Al termine della requisitoria nella scorsa udienza il Procuratore generale di Caltanissetta Fabio D’Anna ha chiesto la condanna a 11 anni e 10 mesi per Mario Bo e 9 anni e 6 mesi per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. “La nostra toga, nei processi precedenti, è stata profondamente offesa, anche da testi qualificati”. Con queste parole è iniziata l’arringa difensiva dell’avvocata Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile di Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina e Tanino Murana, tre delle vittime innocenti accusate ingiustamente dal falso collaboratore Vincenzo Scarantino. Il riferimento dell’avv. Di Gregorio era, tra gli altri, ad Anna Palma (ex pm dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio) la quale, invece di ammettere il depistaggio, ha accusato i legali di avere difeso gli imputati dei vecchi processi. L’avvocata ha poi denunciato che c’è stata una certa incuria nelle indagini su via D’Amelio, quindi ha aggiunto: “Che quelle del ’92 siano stragi di mafia è indiscutibile. Ma chi è questa mafia che agisce? Fu una nuova mafia con due componenti: una istituzionale e una mafiosa stragista che agivano insieme. Il dottore Arnaldo La Barbera fece il lavoro che ha fatto per depistare le indagini, perché consapevole della presenza di una nuova forma associativa”. Arnaldo La Barbera, lo ricordiamo, era a capo del gruppo di indagine Falcone-Borsellino della Squadra Mobile di Palermo di cui facevano parte i tre esponenti della Polizia di Stato imputati nel processo che, con le loro condotte, hanno agevolato Cosa Nostra e per l’avv. Di Gregorio, ne erano consapevoli.
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