Una ha ammesso di aver spruzzato e acceso il liquido infiammabile, ma ha detto che la bottiglia con la benzina l’aveva con sè per caso (versione che esclude la premeditazione); l’altra ha negato ogni responsabilità, sostenendo di essere scesa dall’auto solo pochi istanti durante la rissa. Si sono difese così le due donne fermate domenica dalla Squadra Mobile di Catania con l’accusa del tentato omicidio di una 26enne. La vittima, durante una lite scoppiata giovedì scorso tra due nuclei familiari, in via Luigi Capuana all’angolo con via Monsignor Ventimiglia, è stata raggiunta in varie parti del corpo da liquido infiammabile a cui è stato dato fuoco. Le due fermate sono state sentite oggi dal gip di Catania, Simona Ragazzi, nel corso dell’udienza di convalida del fermo che si è svolta nel carcere di Piazza Lanza dove sono detenute. Anche la donna che ha fatto le parziali ammissioni ha escluso che l’altra indagata abbia avuto un ruolo nella vicenda. Secondo gli investigatori, invece, entrambe avrebbero materialmente partecipato all’aggressione, che pare avesse come obiettivo la sorella della vittima. Le indagini, comunque, proseguono per individuare eventuali altri responsabili. Stando a quanto fin qui ricostruito, la lite ha inizialmente coinvolto due ragazzine che si contendevano un fidanzatino e si è poi allargata alle rispettive famiglie. A farne le spese la 26enne, intervenuta, pare, per placare gli animi e difendere la sorella minore. La vittima ha ustioni al volto, al collo, alle braccia e al torace. Nel tentativo di soccorrerla un’altra familiare si è bruciata le mani.
CATANIA - AGGRESSIONE A 26ENNE, SOLO UNA CONFERMA
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