CATANIA - OPERAZIONE ANTIMAFIA, 14 ARRESTI

di Sarah Donzuso
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Ancora una volta cellulari dentro al carcere usati dai detenuti per comunicare con l’esterno e impartire ordini. Ma anche per comunicare da carcere a carcere.
É quanto è emerso grazie a una operazione condotta dalla Squadra mobile di Catania, con l’ausilio di varie squadre mobili di altre città italiane nonché con i commissariati di Adrano e Caltagirone: proprio la polizia ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia etnea, nei confronti di 14 soggetti, accusati, a vario titolo, dei delitti di associazione mafiosa, nonché di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione e detenzione abusiva di armi, ricettazione, danneggiamento a seguito di incendio, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravati dall’essere stati commessi al fine di agevolare il clan SCALISI, operante nel territorio adranita.
Vittime delle estorsioni imprenditori agricoli, edili, commercianti, proprietari terrieri e venditori ambulanti. Come intimidazione l’incendio dei veicoli.
I provvedimenti si aggiungono ai fermi disposti dalla Procura ed eseguiti lo scorso 16 settembre dalla Polizia di Stato a carico di 10 soggetti appartenenti alla stessa compagine criminale, nei cui confronti il Giudice per le Indagini Preliminari, al termine dell’udienza di convalida, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Fermi che si sono resi necessari per scongiurare un piano omicidiario da parte del reggente del clan Scalisi, Pietro Lucifora, che voleva vendicare l’uccisione del figlio 17enne, morto durante una rissa a Francofonte, in provincia di Siracusa, e per il quale era stato arrestato un giovane. Nonostante questo però è emerso – dalle intercettazioni – che il Lucifora aveva pianificato tutto e che doveva essere fatto per fine settembre.
Il piano prevedeva, con l’aiuto di un soggetto residente a Pescara, la creazione di finte divise da carabiniere, il noleggio di un furgone senza localizzazione, e il reperimento di armi. Il Lucifora, per crearsi un alibi, voleva recarsi da alcuni parenti a Chieti – approfittando di un matrimonio di uno zio previsto per lo scorso 20 settembre – poi sarebbe dovuto ritornare in Sicilia per commettere l’omicidio e avrebbe fatto ritorno in Abruzzo. Disegno criminale da realizzare insieme al fratello ma che è stato stoppato dalle indagini della polizia.

Durante l’operazione sono stati sequestrati droga e armi nonché le finte divise. Lo spaccio di droga rappresentava una delle principali fonti di guadagno del clan.

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