Falsi procacciatori d’affari con contratti fittizi per agevolare il clan a cui appartenevano e condizionando illecitamente il mercato agrumicolo, soprattutto dei limoni. Ciò per coprire il pagamento che imprenditori facevano a favore di esponenti mafiosi del clan Laudani.
I sodali al gruppo criminale, operante per lo più nei territori di Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci Catena e zone limitrofe, fondamentalmente imponevano ad alcuni imprenditori – anche con pressione intimidatoria – la stipula di contratti a favore del sodalizio mafioso nonché l’obbligo ad avvalersi di determinate ditte per la produzione, la trasformazione, il trasporto e lo scarto di prodotti agrumicoli. E ancora richieste di denaro.
Se non si accettavano queste imposizioni, si ricorreva anche alla forza.
È quanto è emerso dall’operazione Lumia portata avanti dalla guardia di finanza di Catania e coordinata dalla procura distrettuale etnea.
Era Orazio Scuto durante il suo periodo di detenzione in carcere a dare ordini utilizzando schede telefoniche fittiziamente intestate a soggetti extracomunitari e abusivamente introdotte nel carcere, anche per mezzo di un drone.
Scuto si sarebbe avvalso di uomini di fiducia per monopolizzare la filiera del mercato agrumicolo, uomini che si rivolgevano a lui chiamandolo papà. Gli affari dovevano agevolare le aziende riconducibili a Scuto tra cui una già sottoposta a sequestro nel 2020 durante l’operazione Report.
8 le persone arrestate: le misure cautelari sono state eseguite tra la provincia di Catania e quella di Pavia. 20 in totale gli indagati. Notificati avvisi di conclusione indagine a tutti i soggetti coinvolti anche nelle province di Messina, Monza, Prato e Reggio Calabria oltre che Catania e Pavia.
Il provvedimento emesso dal gip, che dispone misure cautelari personali e reali, ipotizza a vario titolo i reati di associazione mafiosa, estorsione, ricettazione, detenzione di armi, trasferimento fraudolento di valori e spaccio di sostanze stupefacenti tutti aggravati dal metodo mafioso o dal fine di agevolare il clan Laudani.
Eseguito anche il sequestro preventivo di 2 imprese di Aci Sant’Antonio per un valore complessivo di 1 milione di euro.
Tutto parte da una segnalazione anonima circa il condizionamento illecito del mercato degli agrumi. Nessuna denuncia da parte degli imprenditori vittime di questo affare criminale anzi alcuni di loro si sono rivolti al clan per recupero di crediti o per bloccare legittime pretese creditorie.
La forza di intimidazione del clan, secondo l’accusa, “sarebbe stata, peraltro, assicurata dalla disponibilità di armi tant’è che sono state sequestrate due pistole semiautomatiche con matricola abrasa”
Diversi i componenti del gruppo ognuno con un ruolo specifico
Con qualcuno i rapporti si erano invece deteriorati poiché non era stata pagata una partita di sostanza stupefacente acquistati da fornitori calabresi.
Durante le perquisizioni sono stati trovati 60 mila euro a casa di uno degli arrestati