Non solo migliorare la capacità di interpretare il comportamento dell’Etna, ma offrire anche uno strumento scientifico replicabile per l’analisi di altri sistemi vulcanici nel mondo.
Questo uno degli obiettivi dello studio congiunto dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università di Catania che ha consentito di ricostruire la fitta rete di faglie attive presenti sotto il vulcano grazie all’analisi di oltre 15.000 terremoti avvenuti nell’arco di circa vent’anni: ciò ha consentito ai ricercatori di tracciare le strutture che guidano la deformazione della crosta e la loro interazione con i movimenti del magma.
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Pubblicato sulla rivista internazionale Scientific Reports, lo studio evidenzia come le eruzioni più intense, come quelle del 2018 e del 2021, siano precedute da un significativo rilascio di energia sismica che interessa l’intera architettura geologica dell’area fino a profondità di circa 30 km. In occasione di eventi eruttivi, la pressione esercitata dal magma negli strati della crosta può attivare faglie anche a distanza e profondità considerevoli rispetto ai crateri sommitali.
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