Dopo un terremoto, come quello del 26 dicembre 2018 che colpì il fianco orientale dell’Etna e che creò danni e distruzione è opportuno ricostruire gli edifici lontano dalla faglia sismica applicando una delocalizzazione selettiva così come suggerito dalla Struttura Commissariale Ricostruzione Area Etnea (SCRAE) poiché si tratta di aree caratterizzate da ripetuta sismicità: ricostruire in questi luoghi sarebbe pericoloso ed economicamente svantaggioso. Ma le persone sono disposte a spostarsi? Partendo da ciò un gruppo di ricerca interdisciplinare dell’Università di Catania e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha condotto lo studio “Delocalizzazioni, spaesamenti e appaesamenti alle pendici del Monte Etna”, recentemente pubblicato sulla rivista ‘Antropologia Pubblica’.
Lo studio – che ha previsto un costante dialogo con chi ha vissuto queste situazioni – si è voluto interrogare su cosa succede quando le persone sono costrette ad abbandonare il luogo dove hanno vissuto e come ci si può riadattare a una nuova realtà.
Int
3 gli elementi che devono essere considerati
Int