Ha sostenuto di avere dato inizio alle incursioni informatiche dopo le perquisizioni subite, a causa delle crisi di ansia che lo tormentano tutt’oggi, Carmelo Miano, l’hacker siciliano arrestato nei giorni scorsi dalla Polizia Postale al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli in relazione alle effrazioni alla rete informatica del Ministero della Giustizia. Le prime azioni, ha detto l’hacker alla presenza del giudice, dei pm titolari dell’inchiesta e del suo avvocato Gioacchino Genchi, erano di poca rilevanza, ma sono diventate sempre più imponenti con il passare dei mesi. Miano, detenuto a Regina Coeli, ha sostenuto, sempre durante l’interrogatorio di garanzia, di avere violato le webmail di diversi magistrati inquirenti, tra Roma, Gela e Napoli, anche quelle dei titolari del fascicolo che lo riguarda. L’ingegnere informatico, che compirà 24 anni a fine mese, ha parlato di episodi di bullismo di cui sarebbe stato vittima per una quindicina di anni, da quando ne aveva appena 4. Problemi sfociati in patologie di cui attualmente soffre, che lo hanno costretto a casa e ad abbandonare la scuola per lunghi periodi. Miano ha quindi sostenuto di non avere mai veicolato i dati prelevati illegalmente dall’infrastruttura informatica del Ministero della Giustizia all’esterno del suo personal computer. Circa i milioni di euro in bitcoin di cui è risultato possessore, ha spiegato che il tesoretto (sequestrato) era frutto dell’aumento del prezzo dei bitcoin. Al termine dell’interrogatorio il suo legale ha chiesto al gip la sostituzione del carcere con i domiciliari.
HACKER INTERROGATO - “HO VIOLATO WEBMAIL DEI MAGISTRATI”
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