CATANIA - OPERAZIONE “LEONIDI BIS”, 13 ARRESTI

di Sarah Donzuso
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Era in atto un vero e proprio scontro generazionale tra la vecchia mafia e la nuova mafia all’interno dell’articolazione mafiosa attiva nel villaggio Sant’Agata della famiglia Santapaola-Ercolano: articolazione che stava provando a ricostituirsi dopo essere stata indebolita da vari provvedimenti giudiziari.
È uno degli elementi emersi grazie all’ operazione “Leonidi bis”, che ha permesso ai Carabinieri del Comando Provinciale di Catania di eseguire nelle Province di Catania e Agrigento, un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. del Capoluogo etneo, a carico di 13 indagati, 11 in carcere e 2 ai domiciliari, accusati a vario titolo di “associazione di tipo mafioso”, “associazione finalizzata al traffico di stupefacenti” e “concorso in detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti”.
Le indagini hanno evidenziato come La “vecchia mafia” dei “grandi” era capace di dirigere il gruppo criminale dal carcere da dove controllava l’attività, mentre la “mafia giovane”, era più irruente e avvezza alla esibizione di status symbol sui social.

Una mafia giovane anche più violenta che stava pianificando un grave fatto di sangue bloccato dall’intervento della magistratura Etnea e dei carabinieri quando lo scorso dicembre hanno bloccato l’ala armata del sodalizio, fermando 9 soggetti, che stavano progettando l’omicidio di un esponente dell’avverso clan “Cappello – Bonaccorsi”, esponente che a ottobre dello scorso anno, dopo una discussione con esponenti del clan rivale, avrebbe esploso 4 colpi di pistola proprio contro il clan avversario.

Altro dato emerso è come i vecchi reggenti, nonostante fossero in carcere, continuassero a dare ordini: come Salvatore Battaglia, storico responsabile del gruppo del Villaggio Sant’Agata insieme al fratello Santo. Salvatore Battaglia riceveva informazioni in carcere dai sodali liberi e poi impartiva direttive.

Ma anche Salvatore Gurrieri, detenuto insieme ad altri esponenti, e così riceveva informazioni da loro e le veicolava all’esterno.

Per comunicare all’esterno venivano utilizzati anche cellulari.

Tutto ciò si scontrava con i giovani del clan che bramavano per scalare posizioni all’intendi della famiglia criminale. Tra loro anche un giovane che si occupava dello spaccio di una piazza volante: gli ordini arrivavano su whatsapp o Telegram e poi la droga veniva consegnata a domicilio.

Nel corso dell’attività investigativa, durata circa 1 anno e mezzo, i Carabinieri hanno sequestrato un vero e proprio arsenale: 5 fucili da caccia, di cui 3 “a canne mozze”, 1 mitragliatrice cecoslovacca, 2 pistole e oltre 350 munizioni di vaio calibro, nonché 1 kg di cocaina, 6 kg di hashish, un giubbotto antiproiettili e un lampeggiante blu per auto.

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